In alto, foto Dino Sassi (da: Il maglio di Breganze, a cura di G. L. Fontana e F. Turchet, Vicenza 1993)
Qui sopra, un esempio di macchina a vapore


Quando il sultano decideva di far la guerra a Venezia, lo faceva firmando un foglio che era stato prodotto a Battaglia Terme o a Montorio Veronese: nel ' 700, infatti, la Serenissima aveva il monopolio della fornitura della carta per tutto l'impero ottomano. Oltre all'Arsenale, che coi suoi 2.000 addetti aveva costituito per secoli la maggior industria europea, il territorio della Repubblica presentava un'interessante presenza di insediamenti proto-industriali di recente formazione. In realta' le vere e proprie "fabbriche", come oggi le intendiamo, si limitavano a una manciata: ce n'erano a Schio, Follina, Tolmezzo, ma fuori da questi "distretti" vigeva ancora il sistema del lavoro a domicilio; si tesseva o filava in casa propria, poi il mercante-imprenditore passava a ritirare il manufatto. Nel XVIII secolo il settore produttivo urbano aveva ormai perso il suo primato a scapito della campagna, o meglio della zona collinare, ricca di acque in grado di assicurare la forza motrice delle macchine e, cosa non meno importante, libera dalla ormai soffocante ragnatela delle arti e corporazioni di mestiere, che sin dal Medioevo monopolizzavano e regolavano l'attivita' artigianale. Pertanto - allora come oggi, verrebbe da dire - l'area produttiva si estendeva grosso modo al di sopra di una linea immaginaria che da Verona, attraverso Vicenza, Bassano, Conegliano, Pordenone si spingeva fin nella Carnia, mentre nella bassa pianura l'agricoltura dominava incontrastata. Difficile, se non impossibile a livello di sintesi, dar conto della produzione proto-industriale di fine Settecento in termini quantitativi; pertanto qui ci si limitera' a indicare i principali generi e manufatti con i relativi centri produttivi; ancora, sembra opportuno ricordare che Venezia, nonostante l'ormai irreversibile decadenza, continuava a seguire l'antica vocazione di citta' industriale, si trattasse di apparati rinomati come l'Arsenale o di novita' come le conterie, molto apprezzate da arabi e africani. Bergamasco = ferro nelle valli prealpine; cartiere; lana e seta a Gandino. Bresciano = ferro nelle valli (donde la tradizionale produzione di armi); cartiere; tabacchi. Riviera del Garda = laterizi; grandi cartiere a Toscolano (Salo'). Veronese = cartiere a Montorio. Vicentino = cartiere; lana (ditta Bologna) a Schio; ceramiche (ditta Antonibon) a Nove; seta e tipografia (ditta Remondini) a Bassano. Padovano = cartiera a Battaglia; seta; lana (ditta Zaborra). Venezia = oltre all'Arsenale, altra grossa rinomata industria era rappresentata dalle vetrerie di Murano; v'erano poi cera; conterie (perline); cremor di tartaro; porcellane (ditta Geminiano Cozzi); saponi; seta; tabacchi (ditta Manfrin); telerie; tipografie (piu' di 20, nella sola citta'). Trevisano = lana a Crespano, Cavaso, Castelcucco, Quero, Follina, Ceneda; cartiere a Ceneda (oggi Vittorio Veneto). Friuli = cartiere a Pordenone (ditta Galvani) e a Udine; seta a Udine; tela a Cividale (ditta Foramiti), Tolmezzo e Moggio (ditte Linussio, che per alcuni anni rappresentarono il maggior concentrato di telerie in Europa). BIBLIOGRAFIA:
B. CAIZZI, Industria e commercio della Repubblica veneta nel XVIII secolo, Milano 1965; I. MATTOZZI, Produzione e commercio della carta nello Stato veneziano settecentesco. Lineamenti e problemi, Bologna 1975; W. PANCIERA, "L'Arte matrice". I lanifici della Repubblica di Venezia nei secoli XVII e XVIII, Treviso 1996. P.S. Una gloria veneta, forse non adeguatamente riconosciuta, e' costituita dal lanificio fondato a Schio dal patrizio veneziano Nicolo' Tron, nel 1719. Costui, ambasciatore della Serenissima in Inghilterra, divenne amico di Newton che l'iscrisse alla Royal Society; rimpatriato nel 1717, porto' con se' due grandi macchine a vapore Newcomen-Savary: una la impianto' ad Anguillara, sulla sponda polesana dell'Adige, per bonificare 400 campi di sua proprieta'; l'anno dopo fu la volta di Schio, dove sorse la fabbrica che all'inizio del XIX secolo fu rilevata da Francesco Rossi, padre di quell'Alessandro che ne avrebbe fatto la piu' grande industria tessile d'Italia. Da notare che le Newcomen-Savary prodotte furono in tutto sette, e che la prima ad essere messa in opera fuori d'Inghilterra fu proprio quella di Anguillara, montata e diretta dallo scienziato inglese James Stirling; il funzionamento era perfetto, ma la resa bassissima, appena l'1%: sarebbero dovuti passare altri sessant'anni perche' Boulton e Watt imparassero ad alesare i tubi, dopo di che la forza motrice pote' essere portata dovunque e i fiumi persero di importanza. I mercanti di Schio eressero a Nicolo' Tron una statua nel Prato della Valle, a Padova, verso la chiesa di Santa Giustina: non ci si puo' sbagliare, e' il piu' brutto di tutti. (G. GULLINO, L'anomala ambasceria inglese di Nicolo' Tron (1714-1717), in Non uno itinere. Studi storici offerti dagli allievi a Federico Seneca, Venezia 1993, pp. 185-207).